L'ibrido minaccia il cioccolato
Già nel 2003 la potente industria del settore aveva ottenuto che una direttiva europea autorizzasse l'aggiunta di materie grasse vegetali, fra cui il famigerato olio di palma, al burro di cacao per la produzione di cioccolato.
Oggi una nuova minaccia pende sugli amanti del cibo degli dei.
Si tratta di un ibrido, particolarmente precoce e resistente, ottenuto negli anni settanta da un ricercatore. Il CCN51, questo il nome dell'ibrido, è stato piantato a partire dal 1997, dopo che il fenomeno climatico del Nino aveva distrutto gran parte delle piantagioni di cacao di Perù e Ecuador.
Si tratta di un ibrido, particolarmente precoce e resistente, ottenuto negli anni settanta da un ricercatore. Il CCN51, questo il nome dell'ibrido, è stato piantato a partire dal 1997, dopo che il fenomeno climatico del Nino aveva distrutto gran parte delle piantagioni di cacao di Perù e Ecuador.
Il CCN51 ha dato ben presto risultati spettacolari: non solo dà frutti solo due anni dopo essere stato piantato, ma la quantità di fave prodotte è circa quattro volte superiore a quella delle varietà antiche.
In Ecuador il 35% delle antiche piantagioni è già stato rimpiazzato dall'ibrido. E l'Indonesia si appresta a emulare il paese sudamericano.
«Il problema», spiega Pierre Marcolini, maître chocolatier a Bruxelles, «è che questa nuova varietà non possiede alcuno degli aromi che caratterizzano un grand cru».
Il rischio è di vedere dunque i produttori privilegiare la quantità a scapito della qualità delle fave, sempre più ristretta a una produzione di nicchia.
Non solo: visto che il CCN51, a differenza delle altre varietà di cacao, può crescere anche in pieno sole, molti temono che ben presto si proceda a una deforestazione di massa nelle zone di produzione.